Il dissesto idrogeologico è quell’insieme di fenomeni negativi, spesso drammatici, legati all’azione erosiva dell’acqua e alla natura geologica del terreno.
L’Italia è un Paese vulnerabile dal punto di vista idrogeologico, poiché si tratta di un territorio prevalentemente montuoso, fatto di rocce poco compattate e poco resistenti all’erosione.
La superficie del territorio italiano a rischio idrogeologico è pari a 21.504 km2, di cui 13.760 per frane e 7.744 per alluvioni: il 7,1% della superficie nazionale. I comuni interessati sono 5.553, pari al 68,8% del totale.
In queste statistiche la Liguria, purtroppo, compare piuttosto in alto. Il suo territorio montuoso e geologicamente giovane la rende esposta al dissesto, soprattutto in Appennino, dove sono diffuse rocce sedimentarie argillose, facilmente soggette a franamento.
Ma le catastrofi come alluvioni, inondazioni, frane, smottamenti hanno cause esclusivamente “naturali”? Anche in presenza di piogge eccezionalmente forti e persistenti, i molti interventi umani sbagliati, fatti su un territorio già di per sé poco stabile come quello italiano, hanno portato col tempo ad una grave situazione di dissesto idrogeologico.
Fra le prime cause c’è la distruzione del nostro patrimonio forestale dovuta al taglio eccessivo e ai ripetuti incendi, che ha portato in molti casi alla totale scomparsa della copertura vegetale. Con la conseguente erosione, i suoli hanno perso molta della loro fertilità, e sono stati quindi destinati al pascolo, prima bovino e poi ovino e caprino, impedendo così il ritorno della vegetazione naturale boschiva, al punto che oggi sembra difficile evocare l’immagine di certe nostre montagne, un tempo, ricoperte di fitte foreste. Tutto ciò sta portando, anche nel nostro Paese, a veri e propri fenomeni di desertificazione, con la scomparsa pressoché totale del suolo.
Non hanno migliorato la situazione altri fattori di dissesto, come la coltivazione di cave e la costruzione di strade e di edifici; tali interventi, preceduti in genere da grossi tagli di sbancamento, non sarebbero di per sé dannosi, se fossero realizzati con le necessarie cautele, e con le opportune tecnologie.
Ma non crediamo che esistano tecnologie “opportune” quando si costruiscono edifici proprio nel letto dei torrenti, in barba non solo a tutte le disposizioni urbanistiche vigenti, ma anche al buon senso. Ce lo hanno tristemente ricordato le recenti alluvioni in Veneto, Liguria, Sicilia, Calabria, Campania e Toscana, che con queste tragedie hanno dimostrato ancora una volta (ma non ne sentivamo il bisogno) che infrangere le leggi della Natura, prima o poi, si paga.
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