La Regione cancella le Comunità montane e i presidenti lanciano "un soggetto politico"
Dura presa di posizione dei responsabili degli enti montani che
hanno inviato una lettera aperta a Scopelliti e Talarico. "La legge
regionale fa rivivere la vecchia Afor, agenzia produttrice di forti
passività e posta in liquidazione ormai da anni, e sopprime le Comunità
montane che hanno operato positivamente. La legge regionale elimina la
democrazia rappresentativa dei territori"
Il Coordinatore dei Presidenti Antonio Micari.
CATANZARO - Il Consiglio Regionale della Calabria, su proposta della
Giunta Regionale, ha approvato la legge che istituisce l'Azienda
Calabria Verde e sopprime le Comunità Montane. I Presidenti non ci
stanno a far passare l'idea che ciò sia un fatto positivo mentre in
realtà si ricostruiscono carrozzoni produttori di deficit e si
sopprimono enti efficienti che hanno tutelato la montagna calabrese.
Ormai la legge è fatta ma è giusto che l'opinione pubblica conosca la
verità.
LETTERA APERTA
Al Presidente della Giunta Regionale
Al Presidente del Consiglio Regionale
All'Assessore all'Agricoltura
Ai Consiglieri Regionali
Al Sottosegretario alle Riforme
I presidenti delle comunità montane calabresi si sono riuniti, nella
sede della C.M. del Savuto a Rogliano, per valutare la legge regionale
che istituisce l'azienda denominata Calabria Verde e sopprime le CC.MM.
nonché per esaminare le possibili conseguenze negative per i territori
montani della Calabria. La nuova azienda regionale da un lato di fatto
fa rivivere la vecchia AFOR, agenzia produttrice di forti passività e
posta in liquidazione ormai da anni, e dall'altro sopprime le comunità
montane che per 40 anni hanno operato positivamente a favore dei
territori montani e senza produrre deficit e passività.
Si
costruisce, nella sostanza, un nuovo carrozzone che riprodurrà la stessa
logica gestionale della vecchia AFOR, riproducendo anch'essa
inefficienze, scarsi interventi nel territorio e probabilmente nuovi
debiti non scongiurabili dal paravento legislativo che obbliga al
pareggio di bilancio. Una nuova azienda regionale sicuramente più
rispondente alla logica di potere dei governanti regionali, tramite la
nomina di un amministratore unico (il direttore generale) e più
fortemente caratterizzata da una spregiudicata logica di congestione
politico-sindacale attraverso il comitato tecnico di indirizzo di cui su
11 componenti ben 4 sono rappresentanti delle organizzazioni sindacali.
E' del tutto evidente, vista l'evoluzione del testo legislativo che
vede passare tale comitato dagli originari 5 componenti prima a 9 ed
infine ad 11, che la lievitazione dei posti di potere ha costituito il
miele più dolce perché la legge finalmente ottenesse un più ampio
consenso finale sia politico che sindacale.
Le comunità montane,
invece, hanno sempre svolto compiti meritori a difesa degli interessi
della montagna e lo hanno fatto con competenza, efficacia ed
economicità. Le difficoltà operative degli ultimi anni sono il risultato
congiunto delle miopi politiche nazionali di taglio dei finanziamenti
per la montagna e dalle politiche regionali che in contrasto con le sue
stesse leggi hanno visto via via sottrarre alle comunità montane
compiti, funzioni e risorse.
La Regione Calabria, al contrario di
quanto hanno fatto tutte le altre Regioni, anziché procedere alla
modernizzazione ordinamentale e funzionale delle CC.MM., anche
trasformandole in unioni di comuni montani e quindi conservando il loro
ruolo di enti locali democraticamente eletti e rappresentativi dei
territori montani dei comuni associati, ha preferito togliere di mezzo
questi enti perché la loro democraticità rappresentativa ed il loro
legame col territorio e con le sue popolazioni non erano omologabili al
volere ed al potere dei governanti regionali di turno. Inoltre, con tale
legge la Regione ha scientemente perseguito l'obiettivo di mettere
proditoriamente le mani sui loro patrimoni costruiti in decenni di
oculata gestione amministrativa, di sacrifici dei comuni associati e di
qualificata attività a favore delle zone interne.
Infatti, con la
nuova legge regionale, il loro patrimonio viene sottratto ai legittimi
titolari, soprattutto i comuni che per decenni hanno pagato le quote
associative, e viene con prepotenza giuridica e sostanziale conferito
alla nuova azienda regionale con l'evidente scopo anche di appianare il
deficit enorme che la stessa azienda eredita dalla vecchia AFOR.
I
presidenti delle comunità montane, a questo proposito, esprimono il loro
disappunto per la debolezza e la disattenzione che i sindaci dei comuni
associati hanno dimostrato di fronte alla scelta regionale di
sopprimere le comunità montane e di trasferire alla nuova azienda un
così consistente patrimonio costituito da esperienze professionali, da
democrazia rappresentativa, da servizi resi alle aree più deboli, del
loro patrimonio di beni mobili, immobili, attrezzature e strutture
turistiche. Non si sono resi conto, forse, che da tale legge regionale i
comuni saranno chiamati a pagare le poste passive dei bilanci
comunitari mentre voleranno verso altre strutture le poste attive.
Inoltre
non si sono resi conto che con la soppressione delle comunità montane,
enti locali per legge già unione di comuni montani, essi stessi vengono
privati di una struttura associativa che in futuro saranno costretti a
ricostituire ma con costi a carico dei rispettivi bilanci.
Una
siffatta sciagurata e truffaldina decisione legislativa assunta ai danni
delle comunità locali montane e degli stessi comuni, soprattutto i più
piccoli che caratterizzano il tessuto democratico dei territori montani
calabresi, non può essere nata che da una visione politica
antidemocratica che predilige strumenti di gestione asserviti al potere e
non un potere democratico diffuso nel territorio. Solo in tali contesti
può essere stata approvata una legge, peraltro sconosciuta nel suo
testo finale da gran parte degli stessi consiglieri regionali, i quali
però di fronte a un modello monocratico di comando hanno dovuto
limitarsi ad alzare la mano e far finta di conoscere ciò che votavano.
Solo in questo contesto può essere stata approvata senza che essa
passasse prima per il vaglio delle commissioni consiliari competenti e
nel totale disprezzo dello statuto della Regione Calabria che prevede
espressamente la presenza delle CC.MM. nella rete degli enti
territoriali.
Stupisce che in consiglio regionale forze politiche di
rilievo che pur avevano presentato disegni di legge alternativi a quello
della Giunta regionale alla fine si siano accodati alla volontà della
Giunta mettendo a tacere qualche coscienza critica di tale modo di
procedere. E' incomprensibile che il disegno legislativo del governo
regionale prima viene bocciato, nel mese di ottobre 2012, e dopo soli 6
mesi il dissenso scompare e per incanto si esprime addirittura il voto
favorevole.
I presidenti delle comunità montane calabresi, in questo
stato di confusione, non possono non esprimere, invece, il proprio
apprezzamento per il comportamento di coerenza e di chiarezza politica
del consigliere regionale on. Pasquale Tripodi. Egli, presentatore di un
disegno di legge che prevedeva la trasformazione delle CC.MM. in unione
di comuni montani e che nell'ottobre 2012 aveva contribuito
(abbandonando l'aula del consiglio regionale) a bocciare la legge
presentata dalla Giunta, nell'occasione dell'approvazione ha confermato
la sua posizione politica ed ha abbandonato l'aula per dissenso totale e
nella speranza che altri consiglieri facessero la stessa cosa.
La
legge approvata, peraltro, insiste sul fatto che essa "consentirà
l'eliminazione della spesa corrente per gli organi politici". Insistendo
nella falsità la Giunta regionale, ma oggi anche il Consiglio
regionale, vuole sostenere che si persegue un obiettivo di riduzione del
costo della politica.
I presidenti delle comunità montane, come per il passato, rifanno la domanda: di quali costi parlate?
Sono
ormai anni che gli amministratori delle comunità montane non
percepiscono alcuna indennità e quando la percepivano il costo globale
per 20 presidenti, 60 assessori e 300 consiglieri era quasi pari a
quello di uno solo dei tanti alti incarichi attribuiti dalla Giunta
regionale. In questi anni, proprio per amore della montagna e del
servizio svolto a favore delle popolazioni montane, gli amministratori
di questi enti hanno evitato di chiedere il pagamento dell'indennità
spettante in virtù della stessa legge regionale dimostrando disinteresse
personale, autentico volontarismo politico ed esclusivo interesse per
la montagna calabrese.
Oggi, dopo l'approvazione della legge di
soppressione senza alcun confronto con gli amministratori interessati, i
presidenti si vedono costretti a riflettere sulla scelta fin qui
compiuta e quindi a valutare l'attivazione di qualsiasi azione utile per
ottenere tutto ciò che non hanno percepito e che erano disposti a
rinunciarvi pur di far vivere gli enti di governo democratico dei
problemi della montagna.
Analogamente, i presidenti ritengono, a
fronte del rischio che la montagna calabrese subisca un ulteriore
abbandono, che l'esperienza amministrativa delle comunità montane non
debba disperdersi ma vada recuperata in una associazione regionale di
natura politico-culturale col compito di animare il territorio montano,
mantenendo vivo il bisogno di interventi in sua difesa. E'
indispensabile che le popolazioni montane si ritrovino e si riconoscano
in un organismo politico-culturale di rappresentanza diretta da far
pesare in ogni occasione e che si cimenti "quali amici della montagna"
con le altre forze politiche in tutte le occasioni di confronto, non
escluso quello elettorale.
I presidenti incaricano Antonino Micari di
assolvere provvisoriamente il compito di coordinatore di tutte le
iniziative da assumere per verificare la fattibilità delle azioni
prefigurate.
da Rogliano
I PRESIDENTI DELLE COMUNITA' MONTANE CALABRESI
IL COORDINATORE DEI PRESIDENTI
Antonino Micari
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