ROMA - Ancora scontri a Lampedusa tra la polizia e i tunisini, ma anche guerriglia tra isolani e immigrati a colpi di sassate. È degenerata la protesta di alcune centinaia di tunisini che si stava svolgendo nei pressi del porto vecchio. Alcuni migranti si sono impossessati di tre bombole di gas all'interno del ristorante Delfino blu minacciando di farle esplodere. A questo punto le forze dell'ordine hanno caricato i manifestanti, assiepati nell'area di un distributore. Molti immigrati sono saltati giù da un muro di recinzione per sfuggire alla carica.
Decine le persone rimaste ferite. Medicati nel Poliambulatorio dell'isola due agenti di polizia e un militare della Guardia di Finanza, oltre a una decina di migranti che presentano diverse escoriazioni e contusioni. Per uno di loro, molto grave, il responsabile sanitario, Pietro Bartolo, ha chiesto il trasferimento urgente a Palermo in eliambulanza. Un immigrato avrebbe una gamba rotta.
Molti abitanti dell'isola hanno dato vita a una fitta sassaiola nei confronti degli immigrati, che hanno risposto lanciando a loro volta pietre e suppellettili. Circa 300 tunisini stavano manifestato per le strade di Lampedusa al grido di «Libertà, libertà».
Tentativi di linciaggio. Due giovani hanno avvicinato un tunisino e lo hanno picchiato. Immediatamente sono intervenuti i poliziotti e i finanzieri che hanno fatto da scudo all'immigrato. «Ve ne dovete andare, bastardi -gridano i lampedusani ai tunisini - avete rovinato un'isola. Non vi vogliamo più». I sei tunisini che avevano rubato le bombole di gas sono stati sorvegliati a vista preso il distributore di benzina, dopo un tentativo di linciaggio. Alcuni di loro hanno delle ferite al volto. La guardia di finanza li ha poi caricati su un furgone per portarli via.
Ronde di lampedusani vanno in giro per l'isola a caccia di tunisini. La tensione per le strade è alta, mentre i turisti prendono il sole. Un lampedusano ha preso a calci un tunisino in fondo a via Roma, sotto gli occhi della polizia in antisommossa che è subito intervenuta, caricando l'immigrato nel furgone di Lampedusa accoglienza.
Aggressioni e minacce ai giornalisti. Davanti al distributore la gente ha inveito contro i cronisti. «Andatevene è meglio per voi», ha urlato con toni minacciosi un gruppo di una trentina di lampedusani. I cronisti sono stati accerchiati e costretti ad andar via. «Non vi vogliamo, sparite». Il cameraman della Rai, Marco Sacchi, è stato aggredito e la telecamera gettata a terra. Aggredita in precedenza una troupe di Sky. L'inviato Fulvio Viviano e l'operatore Davide Di Stefano, che stavano girando delle immagini nel porto dell'Isola, sono stati aggrediti da un gruppo di lampedusani. Ieri sera i due giornalisti erano stati assaliti da un immigrato tunisino.
Gran parte dei 900 tunisini fuggiti ieri dal centro d'accoglienza sono stati riaccompagnati all'interno della struttura. Si è così allentata, anche se solo di poco, la tensione tra i cittadini lampedusani che non nascondono la loro rabbia nei confronti dei migranti.
Il sindaco Rubeis: venga Napolitano da noi. «Abbiamo sull’isola 1500 deliquenti che ieri hanno dato fuoco al centro. Il ministro Maroni si muova perché noi acceteremo più nessun immigrato. Il presidente Napolitano venga a Lampedusa a darci la solidarietà se davvero l’Italia è unita. Siamo stanchi di questa linea morbida adottata dalle forze dell’ordine nei confronti degli immigrati tunisini. Non si capisce perchè negli stadi, quando ci sono disordini, poliziotti e carabinieri usano subito le maniere forti contro gli stessi connazionali. Invece, a Lampedusa, accade tutt’altro. Ci vuole anche qui il pugno forte e rinchiudere le centinaia di tunisini che bivaccano da ieri per le strade al campo sportivo».
Dino De Rubeis, scortato da tre agenti di polizia, si è barricato nel suo ufficio dopo che tre lampedusani hanno tentato di aggredirlo, contestandogli di avere tenuto una linea morbida sull'immigrazione. In un cassetto dell'ufficio, De Rubeis tiene una mazza da baseball. «Mi devo difendere, e sono pronto a usarla, scrivetelo pure. Siamo in presenza di uno scenario da guerra, lo Stato mandi subito elicotteri, navi per trasferire i tunisini che vagano per l'isola dopo avere incendiato ieri il centro di accoglienza». Davanti al municipio ci sono decine di persone, alcune contestano il sindaco, altre urlano contro gli immigrati.
«Alle associazioni umanitarie dico: non vi permettete di accusare di razzismo i lampedusani, hanno dato fin troppo. Siamo in guerra, la gente a questo punto ha deciso di farsi giustizia da sola», dice poi il sindaco.
Dopo alcune ore il sindaco ha chiesto «scusa al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Adesso che gli animi si sono un po' placati, mi rendo conto d'aver usato parole inappropriate. Sono mortificato per le parole utilizzate, ma qui la situazione è davvero ingestibile e si perde il lume della ragione. Rinnovo però, con le dovute maniere, l'appello al presidente Napolitano che è bipartisan e il padre della nostra Italia. Valuti la possibilità di venire a Lampedusa signor presidente e venga in difesa di quelli che sono i diritti di questa popolazione, ancora orgogliosa di essere italiana».
Chiusa la scuola. Il dirigente della scuola di Lampedusa, dopo avere consultato il sindaco, ha chiuso il portone e chiesto agli insegnanti di vigilare sugli alunni e al personale di controllare gli accessi. Tra le gente c'è paura e timore che i migranti che vagano per l'isola possano aggredire bambini e ragazzi.
Entro le prossime 48 ore tutti i clandestini presenti a Lampedusa saranno trasferiti per essere poi rimpatriati. Lo assicura il Sottosegretario all'Interno con delega all'immigrazione e asilo, Sonia Viale.
Nella notte erano iniziati i trasferimenti dopo l’incendio doloso che ieri pomeriggio ha distrutto il Centro di prima accoglienza di contrada Imbriacola. Circa 200 tunisini sono stati imbarcati su due C130 dell’Aeronautica militare diretti alla base di Sigonella (Catania). Gli extracomunitari rimasti sull’isola, oltre un migliaio, hanno trascorso la notte all’addiaccio all’interno dello stadio comunale. Solo un centinaio, tra cui una ventina di donne, sono rimasti nel centro, che tuttavia è inagibile: le palazzine dove vengono ospitati gli immigrati sono state infatti divorate dalle fiamme.
I rimpatri sono stati la miccia degli incidenti di ieri. I tunisini chieodno di non tornare nel loro Paese mentre per l'Italia è valido l'accordo per i rimpatri. Ieri pomeriggio i nordafricani hanno dato alle fiamme il centro di accoglienza.
I danni sono ingenti, come ha confermato anche il responsabile della struttura, Cono Galipò, che non ha dubbi compiuto un sopralluogo. La tensione tra i tunisini era cresciuta negli ultimi giorni, dopo la conferma da parte del governo della linea dura circa il proseguimento dei rimpatri. L’inchiesta aperta dalla Procura di Agrigento contro ignoti dovrà adesso identificare gli autori dell’incendio e accertare eventuali responsabilità. Ieri il sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, aveva lanciato un nuovo appello al premier Berlusconi e al ministro Maroni per trasferire immediatamente tutti gli immigrati ancora sull’isola. Decine di lampedusani presidiano da questa mattina il Comune per protestare contro l’incendio appiccato ieri da un gruppo di immigrati tunisini al centro di accoglienza ma soprattutto perchè chiedono che i tunisini non girino liberamente per l’isola. Il Comune si trova proprio di fronte al campo sportivo dove i tunisini hanno trascorso la notte all’addiaccio per l’inagibilità di gran parte della struttura incendiata. «I miei concittadini - spiega il sindaco Bernardino De Rubeis - hanno ragione e mi chiedono che i tunisini spariscano dalla loro vista. È una situazione che non può continuare. Il Viminale deve intervenire al più presto».
Boldrini: in fumo lavoro di tanti anni. «Sono amareggiata e rattristata: il nostro lavoro di tanti anni è andato in fumo». Con queste parole Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Unhcr, l’alto commissariato Onu per i rifugiati, commenta al Messaggero in edicola la rivolta degli immigrati tunisini a Lampedusa che ha portato alla distruzione del centro d’accoglienza.«Una rivolta simile si poteva prevedere e infatti noi l’avevamo prevista, mettendo in guardia le autorità», ricorda Boldrini. Adesso, «occorre trovare nel più breve tempo possibile una soluzione alternativa, fino a che la struttura non sia riparata. Lampedusa ora è sguarnita di un centro di prima accoglienza e le cose si sono fatte più difficili e complicate di prima». |
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