giovedì 8 dicembre 2011

Lo sbarco degli alieni comincia dai Monti

Le bugie dogmatiche sull’uscita dall’euro

Qualcuno ha mai fatto caso che quando si paventa la proposta di uscire dalla gabbia economica dell’euro, la risposta di chi strenuamente difende l’appartenenza della moneta unica è  sempre nella migliore delle ipotesi dogmatica, oppure ideologica e nel peggiore dei casi minacciosa e volgare? E avete mai notato che spessissimo, se non sempre, la risposta dogmatica non viene giustificata? Se qualcuno mi dice di non scherzare con i fiammiferi perché altrimenti corro il rischio di bruciarmi i cosiddetti, io capisco il rischio associato al gioco e magari smetto, ma se qualcuno mi dice di non scherzare con i fiammiferi perché altrimenti possono avvenire catastrofi di dimensioni apocalittiche senza poi sapermi specificare quali, non credo che ottenga lo stesso effetto.
Ci sono molte persone, tra cui economisti autorevoli quali il premio nobel per l’economia Paul Krugman, editorialista economico del New York Times, il maggior giornale quotidiano americano, che dice da sempre che l’euro è un’idiozia economica frutto delle ideologie dogmatiche di un gruppo di tecnocrati che non hanno pensato agli effetti perversi di questo meccanismo infernale. L’aver costretto degli Stati Sovrani a finanziare il proprio debito solo e soltanto vendendo titoli di stato sui liberi mercati, senza nemmeno porre delle precise regole che ne limitano l’esposizione alla speculazione, e senza poter ricorrere alla leva monetaria per difendersi da tale speculazione, vuol dire di fatto mettersi nelle mani di banchieri e finanzieri che con azioni combinate possono mettere in ginocchio i governi che registrano bilanci fortemente deficitari (tutti, Germania inclusa, dal 2008 a questa parte).
Ragioniamo un attimo, se io so di essere l’unica fonte di finanziamento di un’azienda, non appena questa si trova leggermente in difficoltà e ha bisogno di liquidità per non fallire, io la mungo con elevati tassi d’interesse, fino magari a farla fallire per poi ricomprarmi i suoi beni più preziosi a prezzi di svendita fallimentare. Se viceversa so che questa azienda può ricorrere alla diluizione del valore delle sue azioni (che tra l’altro posseggo anch’io in grande quantità) prima di costringerla a farlo ci penso due o tre volte, dato che la sua svalutazione ridurrebbe il valore delle azioni che anch’io detengo. Per questo motivo avere in mano la leva monetaria costituisce una soluzione da usare solo in caso di estrema necessità (come Inghilterra e USA hanno fatto e continuano tranquillamente a fare a partire dall’ultima crisi del 2008), ma anche un deterrente per i mercati ad operare azioni di tipo speculativo su economie fondamentalmente sane ma in difficoltà a causa di governi o situazioni di emergenza che costringono a gestioni non proprio “virtuose” dal punto di vista finanziario delle loro amministrazioni.
Chi afferma che tornare alla lira farebbe ripiombare l’Italia nel baratro dell’iperinflazione asserisce un falso ideologico, nonché storico. Per dimostrarlo basterebbe citare le esperienze di Argentina e Inghilterra, in cui la prima ha dovuto fronteggiare un default incontrollato per poter ritornare alla sovranità monetaria che contro tutte le previsioni dei professoroni dell’economia, non solo non ha generato iperinflazione, ma dopo un periodo di panico di qualche mese e un paio di anni di dura ristrutturazione economica e fiscale, e’ oggi in forte crescita nonostante la crisi globale e a prosperare con una moneta fortemente svalutata rispetto al dollaro Usa (oggi ci vogliono circa 4 pesos per un dollaro USA) al quale aveva deciso di unirsi artificiosamente e dal
 quale caparbiamente e dogmaticamente non voleva più svincolarsi. Per venire all’Inghilterra, paese con un tessuto industriale piu’ debole del nostro, e paese che sta comodamente nell’Unione Europea senza aver aderito all’Euro, essa ha fronteggiato la crisi del 2008 svalutando la sua moneta del 20/25% rispetto alle altre monete maggiori, e permettendosi bilanci deficitari di quasi il 10% del PIL (niente lacrime e niente sangue). Cosa è successo all’inflazione e al debito pubblico in Inghilterra? Assolutamente niente di apocalittico, in quanto l’inflazione è aumentata di un punto percentuale (chi se ne impippa come direbbe mio nonno), e il debito esterno, pur essendo aumentato del 20% è stato compensato dal fatto che i crediti esterni, denominati in Dollari o Euro si sono riapprezzati dello stesso valore con risultato netto praticamente nullo. Ovviamente il debito pubblico dell’Inghilterra è passato dal 40 all’80% in tre anni dato il bilancio fortemente deficitario, dalle due alle tre volte più elevato del nostro, ma con l’enorme differenza rispetto a noi che i tassi d’interesse sui bond inglesi a 10 anni non sono aumentati a dismisura, anzi sono diminuiti, e l’economia, propulsa dal nuovo denaro messo in circolazione, è tornata a crescere cosi come l’export e il turismo che hanno addirittura superato l’Italia, cosa che non succedeva da quasi 30 anni.
Per quale motivo la situazione dovrebbe essere diversa in Italia? Perché a fronte di una svalutazione minima della moneta (tipo Inghilterra) e una conseguente ri-industrializzazione e ri-localizzazione dela nostra attività manufatturiera e il nostro turismo la nostra economia dovrebbe cadere in iperinflazione? Se non è caduta in iperinflazione l’argentina che ha svalutato del 75% la sua moneta, chi e’ in grado di spiegare perché dovrebbe succedere in Italia? Se c’è qualcuno che lo può fare portando prove  economicamente e scientificamente rilevanti, e citando esempi di economie che in passato hanno seguito questa sorte, si faccia avanti, ma non mi si risponda con frasi dogmatiche di scenari apocalittici senza sostanziarli con delle prove tangibili.
E’ vero che le importazioni di petrolio aumenterebbero in prezzo (così come sono aumentate quelle dell’Inghilterra) ma forse ci si dimentica che la materia prima, cioè il petrolio, è solo una porzione minoritaria del prezzo della benzina, il resto sono tasse, quindi a fronte di maggiori introiti prodotti da una maggiore occupazione e benessere delle imprese esportatrici si potrebbe addirittura correggere fino ad annullare completamente l’aumento del prezzo del petrolio sul prezzo al consumo dei carburanti, altro che aumentare le accise, come invece vuole fare l’uomo dal nome Monti per pagare gli interessi ai banchieri amici suoi.
E’ vero che il debito esterno aumenterebbe (possiamo poi discutere di quanto, visto che l’Euro senza l’Italia perderebbe di credibilità, ma questo è un altro discorso), ma è anche vero che molte banche italiane detengono debito straniero denominato in Euro, quindi l’aumento del debito esterno sarebbe compensato quasi completamente dall’aumento del credito esterno detenuto internamente, che con opportuni provvedimenti fiscali potrebbe essere usato per compensare l’effetto della svalutazione sul debito esterno, esattamente come è successo in Inghilterra, quindi dov’è il grave problema?
La teoria economica moderna, e l’esperienza degli ultimi 10 anni di economia reale globale insegnano che chi ha prodotti di qualità e capacità di operare sui mercati in maniera competitiva ed esportare è vincente solo se può calibrare le sue emergenze di bilancio agendo anche sulla leva monetaria oltre che a ricorrere al debito, e questa è l’opinione di tutti gli economisti più autorevoli del mondo a parte quelli che hanno partecipato ad architettare questo mostro ibrido economico  chiamato EURO il quale ha come unico vero effetto quello di ridurci in schiavitù di un manipolo di banchieri e di volponi della finanza che ci strozzano con tassi d’interesse degni dei peggiori usurai e ci costringono a ristrettezze da terzo mondo per poter pagare i loro superbonus. Io non ci sto, e voi?











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