Eppure si muovono: le quattro paratoie mobili alle bocche di Lido Nord, un po' come i sommergibili che risucchiano acqua in profondità prima di emergere ("alleggerimento di un decimo di grado sulla paratoia tre", urla un addetto alla movimentazione) sbucano d'improvviso nella laguna di Venezia che per l'occasione schiera il pubblico delle grandi occasioni: ministri della Repubblica (Maurizio Lupi), governatori (Luca Zaia), deputati, assessori regionali, autorità civili e militari con l'immancabile corollario di battelli, battellini, motoscafi e gommoni come a Venezia capita solo per la festa del Redentore.
Emergono una dopo l'altra a distanza di sette minuti, e ogni volta creano delle onde ricche di schiuma che amplificano l'effetto scenico. Tutti vogliono assistere al primo movimento delle quattro paratoie gialle a scacchi rossi (a regime saranno 78) che sbarreranno il passo all'Adriatico, salderanno il fronte di 46 chilometri che lo separa dalla Laguna e impediranno per sempre che si ripeta la catastrofica "acqua granda" che il 4 novembre del 1966 con 194 centimetri sul livello del mare sommerse Venezia . 


La data della sospirata fine dei lavori dovrebbe essere il 31 dicembre 2016, a patto che continuino ad arrivare i finanziamenti. E proprio la regolarità dei fondi ha reclamato il presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mauro Fabris, al ministro Maurizio Lupi. "E' un progetto tutto made in Italy ma da quando fu concepito si sono susseguiti 44 governi della Repubblica", scandisce Fabris. Una sfida ingegneristica che ha avuto una schiera di inflessibili detrattori. Una guerra tutta veneziana che ha toccato il suo culmine nel luglio scorso, quando il direttore generale del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati è stato inquisito per turbativa d'asta. Un peccato per un'opera ciclopica il cui valore tecnologico va al di là delle vicende giudiziarie.