Sette Regioni senza neanche un lavoro concluso in 15 anni, 500 milioni chiusi nei cassetti (su due miliardi stanziati), solo 64 interventi anti-dissesto operativi, nove cantieri su dieci ancora da programmare, da avviare o concludere. Un primo, amaro, risultato la task force contro il dissesto idrogeologico istituita dal Governo Renzi lo ha già raggiunto: fotografare lo stato di non avanzamento dei molteplici piani avviati dal 1998 a oggi.
Finora, infatti, non si sapeva neanche con esattezza quante risorse erano a disposizione per le emergenze. Eppure sul rischio idrogeologico esistono sei monitoraggi di altrettante amministrazioni ed enti pubblici (ministero Ambiente, Dipartimento Coesione, Uver, Ispra, Istat e Regione Sicilia). Nessuno, però, è in grado di fornire dati omogenei. La struttura di missione guidata da Erasmo D'Angelis ha ricostruito i vari tasselli e ha praticamente concluso il primo monitoraggio completo, su base regionale, delle iniziative anti-dissesto (clicca qui per vedere la tabella). Che finirà online sul sito www.italiasicura.gov.it con tutti i dettagli navigabili.
Le criticità sono tante: in questi 15 anni si sono accumulati 2,273 miliardi di residui non spesi. A restare bloccati sono soprattutto gli interventi degli accordi di programma Ambiente–Regioni firmati nel 2009-2010 a seguito del maxipiano da due miliardi: restano 1,219 miliardi per oltre 1.600 interventi da spendere. Altri 269 milioni derivano da programmi risalenti anche al 1998; l'ultima fetta è quella dei fondi europei: 785 milioni non utilizzati sui 1.300 dei Programmi operativi regionali.
Nonostante tutto D'Angelis è ottimista: «Contiamo di aprire 4mila cantieri nei prossimi 18 mesi». E a chi gli fa notare il rischio dell'ennesimo effetto annuncio scandisce le prossime tappe: «Da maggio a oggi abbiamo in corso 750 interventi, che valgono 1,3 miliardi e 48mila posti di lavoro». Molti erano già avviati «per altri bastava una firma o altri atti formali, che siamo riusciti a sbloccare con poco». Entro dicembre dovrebbero aprirsi altri 570 cantieri dal valore di 650 milioni.
Del resto, la messa in sicurezza del territorio è un'emergenza nazionale. Secondo i dati forniti dalla struttura di missione nell'audizione della scorsa settimana alla commissione Lavori pubblici della Camera le aree di dissesto sono presenti in 6.633 Comuni (l'81%), pari al 9,8% della superficie nazionale.
Le criticità. Anche se ogni opera fa storia a sé, alcuni ostacoli sono comuni a tutte le Regioni. Il patto di stabilità, per esempio, è stato una vera zavorra per gli accordi di programma, tanto da paralizzarne di fatto quasi la metà. Ma la situazione cambia da Regione e Regione. «La Puglia ha fatto del dissesto una priorità - spiega ancora il coordinatore - e ha concentrato il 90% degli investimenti ammessi dal Patto su questo». «Altri invece, come Campania e Lazio non hanno previsto corsie preferenziali». Peggio sta chi si è trovato con l'intera quota programmata bloccata: Sicilia e Calabria. A quest'ultima va il triste primato del maggior numero di interventi ancora fermi (126 su 185).
Non sono solo i vincoli contabili a pesare: «Nei piccoli Comuni ormai mancano i tecnici, oppure altre volte è difficile il dialogo tra commissario straordinario e le istituzioni locali» commenta D'Angelis. Anche per questo ora i commissari straordinari anti-dissesto sono i presidenti di Regione, che potranno approvare i progetti in variante urbanistica. Sulla protezione dei fiumi pesano i veti locali: «Anche perché spesso i corsi d'acqua come il Seveso o il Sarno sono inquinati e nessuno vuole farli espandere nei propri territori». L'ipotesi a cui lavora la Struttura quindi è quella di far viaggiare in parallelo la messa in sicurezza con la bonifica.
Il futuro. Ma anche una volta riattivate, le risorse non bastano. Le Regioni hanno segnalato altri 1.877 interventi, ancora senza copertura. Tra questi ci sono lavori essenziali come quelli per la messa in sicurezza delle zone Nord della Sardegna colpite dall'alluvione dell'autunno scorso. Un aiuto potrebbe arrivare dalle revoche dei fondi bloccati che il Governo ha in calendario per settembre. E poi si pensa a riservare un miliardo l'anno dal nuovo Fondo Sviluppo e coesione Ue 2014-2020. L'ipotesi è di lanciare un piano straordinario di manutenzione per le città metropolitane. Obiettivo: far dimenticare le immagini di questi giorni con Milano e Roma sott'acqua per "colpa" di semplici temporali estivi.
Ma lo Stato da solo non riesce più a indennizzare i danni: dei fondi richiesti negli ultimi sei mesi solo il 6% è stato recuperato. Torna quindi ad affacciarsi l'ipotesi di una polizza anti calamità obbligatoria, più volte annunciata, ma sempre rinviata: «La stiamo studiando per la prossima legge di stabilità - conferma D'Angelis - magari accompagnata da misure di defiscalizzazione».