giovedì 10 novembre 2011

Ponte sullo Stretto, Matteoli: "Si farà, non costa niente allo Stato"



Il COMMENTO
Ora avanti tutta con il Ponte sullo Stretto



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MESSINA – ''Capisco chi è contrario alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, ma dire che non lo facciamo più è un assurdo''. Lo ha detto il ministro alle Infrastrutture Altero Matteoli durante l'inaugurazione del Centro di formazione nazionale VTMIS (Vessel Traffic Management and Information System) della Guardia costiera a Messina .
''Il ponte non costa niente allo Stato italiano, è il mercato che realizza il Ponte sullo Stretto – ha aggiunto – A chi dice perchè non utilizzate i soldi per fare un'altra cosa io rispondo che è perchè noi non stanziamo soldi per il Ponte''.
''Naturalmente – ha proseguito Matteoli – è il ponte che non costa nulla, ma stiamo spendendo 1,3 miliardi ad esempio per spostare la stazione di Cannitello. E poi anche a Messina ci saranno lavori da fare che servono per il Ponte e che sono a carico dello Stato italiano''.
Sulla recente mozione approvata alla Camera che ha tagliato i finanziamenti pubblici per l'opera, Matteoli spiega: ''Tutto ciò che viene approvato alla Camera ha un valore, ma una mozione non è una legge. La legge dice che il ponte si deve realizzare''.

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di BRUNO SERGI* e GIOVANNI ALVARO**
La notizia che si aspettava è giunta: l'Europa, accogliendo le pressanti richieste dell'Italia, e con essa quelle delle Regioni Calabria e Sicilia che si sentivano colpite da proposte poco oculate della burocrazia dell'Ue, ha reinserito il Corridoio 1 (Berlino - Palermo) tra i percorsi di alta velocità o di alta capacità da finanziare, dotando la Comunità di linee ferroviarie capaci di abbattere sensibilmente i tempi dei trasporti nei propri territori in senso orizzontale (Est-Ovest) ed in senso verticale (Nord-Sud). Quanti hanno esultato, mettendo in mostra un antimeridionalismo d'accatto e realizzando un vero e proprio can-can, quando è emersa la proposta di sostituire il corridoio Berlino-Palermo con altro corridoio che a Napoli avrebbe dovuto deviare verso Bari per realizzare poi un'assurda via del mare verso la Valletta, sono stati serviti. La scelta del cambio del percorso del corridoio 1, rispondeva a decisioni prettamente burocratiche, decisamente slegate da ogni benché minima visione economica e sociale sui ruoli dei corridoi nel contesto di un'Europa allargata verso Est e di un'Europa che deve guardare verso il Mediterraneo. L'Ue aveva 'applicato' asetticamente la norma che ad essere coinvolti nei programmi dei Ten-t (acronimo di Trans-European Networks - Transport) dovessero essere centri urbani con 1 milione di abitanti, e Palermo non lo era, ignorando però il danno enorme che detta applicazione avrebbe causato a due delle regioni meridionali che già patiscono la vergogna del loro isolamento non solo dall'Europa, ma anche dal resto dell'Italia. L'aver gioito per la paventata eliminazione del corridoio 1 dimostra la cecità di quanti, pur di affossare il Ponte, non hanno a cuore le sorti di interi e derelitti territori, e la dabbenaggine degli stessi nel considerare il Ponte come ad un'opera che interessa solo le due provincie di Reggio e di Messina, dimenticando che i corridoi servono innanzitutto a favorire gli interscambi commerciali e turistici tra l'Europa e il resto del mondo, e che essi aiutano a ridurre enormemente il gap infrastrutturale esistente tra il Mezzogiorno e il Nord del nostro Paese. Ma è anche per questo motivo che l'Italia non si è opposta all'inserimento, in aggiunta al corridoio 1, della deviazione verso Bari. Adesso i signori del NO Ponte si consolano con il refrain che l'Europa non menziona il Ponte sullo Stretto e che non sborsa alcun euro per esso. Ma i signori del NO dovrebbero farci sapere quando mai la Comunità europea aveva preso impegni economici per la colossale opera d'attraversamento dello Stretto tra Scilla e Cariddi. È vero invece che senza il corridoio 1 (con la prosecuzione tra Napoli-Reggio-Palermo) il Ponte avrebbe cessato d'essere fondamentale a captare e veicolare il traffico commerciale del Mediterraneo con l'apporto del sistema portuale meridionale che ha nel Porto di Gioia Tauro l'hub naturale. Oggi Gioia Tauro è solo un porto che gestisce il transhipment e sta diventando non appetibile per la mancanza di corridoi ad esso collegati. Il travaso delle merci da nave a nave può essere fatto in qualsiasi porto, mentre l'Europa ha bisogno della velocità dei treni per e dal Nord Europa. In tale direzione va il corridoio dei 2 mari Genova-Rotterdam, e andrà il corridoio 8 Salonicco-Albania-Bari, ma essi possono tranquillamente convivere con la portualità di Gioia Tauro e dei porti circostanti che saranno il perno della gestione delle merci che transitano nel mare nostrum. Il Ponte rilancia, volenti o nolenti, i porti siciliani di Siracusa, Catania, Messina, Palermo e Milazzo, e per il Ponte non c'è da scomodare 'pantalone italiano' ma, e si sapeva fin dall'inizio, a parte il 40% deciso a suo tempo dal Cipe e con gli aumenti di capitale della Stretto di Messina, si punta al finanziamento privato del 60% col sistema del project financing. Interessati all'operazione, come già si sa, sono addirittura la Cina e altri Paesi europei. Farsi condizionare da scelte 'ideologiche' e rifiutare, in questo momento di crisi, apporti finanziari esteri, che si aggirano attorno a 5 miliardi di euro, è da scriteriati. Una delle strade per bloccare il progetto è stata quella dell'Ue, ma per fortuna i due Governatori 'sudisti' e il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, hanno saputo neutralizzare la manovra. Adesso, quindi, avanti tutta nella realizzazione del Ponte.


* docente di Economia internazionale all'Università di Messina; fellow del "Lab-Center for Competitiveness" alla Grenoble Ecole de Management; membro dell'Advisory Board del "Research Centre for Emea Banking, Finance and Economics" della London Metropolitan Business School.


** dirigente dei Socialisti Uniti - Psi
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