martedì 3 aprile 2012

Ma le dimissioni non sono tutte uguali Appare irragionevole la pretesa di estendere le categorie della politica a campi e casi personali diversi

Pascale replica a Canale evidenziando pulizia e dignità

di Massimo Pascale - Ho letto con attenzione l’articolo del consigliere Massimo Canale in cui parla di me, dei miei compiti amministrativi e dei ruoli che in questi anni ho ricoperto, al servizio delle istituzioni. Il primo sentimento che ho provato è stato di mortificazione, sentendomi citato per allusioni non certo lodevoli, ma il secondo di rammarico, avendo compreso di aver avuto poche occasioni di farmi conoscere dal consigliere Canale, come invece è accaduto per altri esponenti politici (anche del centro sinistra), con cui ho avuto la fortuna di interfacciarmi e di cui conservo un grande rapporto umano. Qualcuno mi ha suggerito di querelare il consigliere Canale per le allusioni ed i sospetti che ha seminato nei miei confronti, ma, riflettendo, ho preferito spiegargli personalmente quanto chiede pubblicamente, rispondere a lui come a qualsiasi altro cittadino reggino, anche se da quest’ultimo fino ad oggi ho ricevuto solo sentimenti di stima e fiducia. Perché il Governatore Scopelliti nel 1998 ha scelto di avvalersi della mia collaborazione? Sono nato a Vinci, il paese di Leonardo, ho vissuto la mia adolescenza a Fucecchio, paese del cispioso Indro Montanelli, l’unico punto di contatto potrebbe essere stato il primo anno allo storico istituto “Righi” dove io, giovane matricola appena trasferita in Calabria,  ammiravo il diplomando Scopelliti alla guida di tutti gli studenti, con idee e prospettive chiarissime. Invece no, il Presidente del Consiglio regionale del 1998, Giuseppe Scopelliti, un giorno mi fece convocare, e dopo aver letto sul mio curriculum che avevo partecipato a due tirocini selettivi all’Accademia Militare di Modena, che sono stato un Carabiniere, promosso al grado di Ufficiale di prima nomina, di aver prestato servizio in territori delicati e difficili come il crotonese  ed il palermitano, di aver partecipato a molteplici operazioni di sicurezza (una fra le più conosciute i Vespri Siciliani), meritato sul campo elogi e compiacimenti che mi hanno consentito di diventare un Ufficiale in rafferma ed essere promosso al grado di Tenente, mi ha guardato fisso negli occhi e mi ha chiesto di contribuire al Suo progetto amministrativo. Ho accettato subito con orgoglio ed entusiasmo e ne vado tutt’oggi fiero. Nel 2001 ho avuto la grande fortuna di sposare la mia Signora, una donna dolcissima di cui vado fiero e che, se tornassi indietro, sposerei altre cento volte! Non mi è mai interessato capire il perché della scelta di una sorella che più di vent’anni addietro decise di fare la “crocerossina”, cioè curare ferite inguaribili. 
Nel corso degli anni al comune non sono mai stato nel Gabinetto del Sindaco, lì c’erano persone molto più qualificate di me ed altamente professionali, mi sono sempre occupato della segreteria particolare. Massimo Canale in modo allusivo, virgoletta la parola particolare, facendo intendere chissà cosa. La segreteria particolare del Sindaco si occupa in pratica dell’agenda, di eventi, appuntamenti e rapporti con tutti, cittadini e consiglieri di ogni colore politico. Nulla quindi di quel particolare, allusivo ed offensivo che fa intendere il consigliere. In segreteria con grande sacrificio personale ma sempre con entusiasmo, dalle otto di mattina fino a tarda sera, ho fatto il mio lavoro, con assoluta dedizione e massima trasparenza, dove il mio unico scopo è stato dare risposte concrete a chi chiedeva aiuto. Comprendo, non giustifico, che il consigliere Canale, senza conoscermi, tutto ciò non poteva saperlo. Oggi, presso la Giunta della Regione Calabria, ricopro il ruolo di CapoStruttura dell’Ufficio di Gabinetto del Governatore, coordino l’operato di cinque funzionari regionali e dipendo, in tutte le mie scelte, da un Signor Capo di Gabinetto, Vice Prefetto nella vita. Gli atti ed i documenti che ogni giorno della mia vita professionale vedo e lavoro, sono atti pubblici, trasparenti ed alla portata di tutti, come la mia stessa vita, senza ville ne auto di grossa cilindrata, alla mondanità preferisco l’intimità e la riservatezza della mia famiglia.



Ma le dimissioni non sono tutte uguali Appare irragionevole la pretesa di estendere le categorie della politica a campi e casi personali diversi

Pino Toscano
Massimo Canale, portavoce del Pd in consiglio comunale, auspica che «a distanza di alcuni giorni dalle colorite dimissioni dell'assessore all'urbanistica Luigi Tuccio, i tumultuosi mari della politica reggina e gli animi si siano sufficientemente rasserenati, sì da consentire un ragionamento pacato da contrapporre all'oblio della ragione». Questo perché «la nostra Città ha bisogno di recuperare il senso della misura, di ritrovare serenità, di restituire dignità e solennità al dibattito politico, al quale sicuramente non giovano i tentativi di insinuazione, le mezze frasi costruite a tavolino, furbescamente articolate in modo da non assumere mai senso compiuto o rango di accusa esplicita (la quale obbliga il suo autore ad assumerne ogni responsabilità e conseguenza)». Aggiunge che dalla rilettura di Nicola Giunta ha imparato a «comprendere la realtà in cui viviamo oggi a Reggio Calabria e interpretare i segni del "leva e portismo", fenomeno tutto nostro, tutto reggino, che potremmo collocare in quella terra di mezzo posta tra la viltà e la delazione».
Ragionamento ineccepibile. Grondante passione civile e tensione morale. Qualità che certo non fanno difetto all'esponente del Partito democratico. Poi Canale analizza i casi Tuccio, Morisani e Pascale. Il primo si è risolto con le dimissioni dell'assessore all'Urbanistica, gli altri due vengono agitati per ottenere lo stesso risultato. Secondo il portavoce democrat, il caso dell'assessore Pasquale Morisani, «pur non avendo alcuna rilevanza penale come tempestivamente puntualizzato all'indomani dell'operazione "Raccordo" dal procuratore Pignatone, è ben più imbarazzante del "peccato d'amore" dell'ex assessore Tuccio». Spiega: «Tuccio si è ritrovato dei legami parentali che non si è scelto; Morisani, al contrario, da quanto ne sappiamo, avrebbe ricercato appoggio elettorale in campo minato, magari, a tutto voler concedere, non sapendolo. Non lo giudico, non spetta a me, ma gli chiedo, invocando il suo senso delle Istituzioni, di ammettere l'opportunità di un gesto che altri è stato costretto a compiere, e di riflettere sulla circostanza che dimettendosi dimostrerebbe assoluto senso di responsabilità in un momento storico in cui è proprio questo che si chiede a noi politici».
Quanto a Massimo Pascale, vittima al pari di Tuccio di una parentela ingombrante, Canale sottolinea che «nelle segreterie "particolari" vengono trattati argomenti "particolari"», donde l'esigenza di «scegliere per quel ruolo persone di assoluta fiducia». Ruolo che Pascale ha svolto prima al Comune e adesso, sempre con Scopelliti, all'Ufficio di Gabinetto della Regione. «Anche in questo caso, al di là delle vicende squisitamente giudiziarie alle quali gli esponenti in questione sono estranei», riflette Canale, «sembra però che il tema dell'opportunità politica sfugga platealmente a questo centrodestra calabrese che, imperterrito, persevera negli errori. E la regola dell'opportunità politica, della trasparenza e del rispetto delle Istituzioni deve valere per tutti, né accetta deroghe. Come è valso per Tuccio vale anche per Massimo Pascale che, se gode di sufficiente giudizio, deve fare un passo indietro e dimettersi». La pensa allo stesso modo il partito di Vendola: «Pascale e Morisani si dimettano subito!», tuonano Laura Cirella e Andrea Di Martino, rispettivamente coordinatore provinciale e regionale di Sel.
Ma è proprio tutto così concatenato e logico? Vediamo. L'assessore Morisani, come Luigi Tuccio, è un politico. E la politica ha, in teoria almeno, regole severe. Molto più che in altri ambiti. A prescindere dall'iniziativa giudiziaria, essere solo sfiorato dal dubbio può costituire ragione sufficiente per meditare un disimpegno temporaneo, in attesa di chiarire la propria posizione. Spesso si rivela pure un passo utile a chi lo fa: si chiude una porta e si apre un portone. Valga per tutti l'esempio al massimo livello di Francesco Cossiga, che si dimise da ministro dell'Interno e pochi mesi dopo diventò presidente del Consiglio. Non c'è da meravigliarsi che Morisani sia finito dentro una polemica politica: lui considera ingiusto doversi dimettere senza colpa, i suoi oppositori gli chiedono legittimamente di farsi da parte per senso di responsabilità.
La politica, tuttavia, non può estendere a tutti i campi le categorie che applica, peraltro raramente, a se stessa. E, da questo punto di vista, il caso Pascale è emblematico. Massimo Pascale non è un politico. È un lavoratore. Perché dovrebbe dimettersi, allora? Perché, come dice Canale, «nelle segreterie "particolari" vengono trattati argomenti "particolari"?». Ahi, ahi! E non è forse questo, per usare le stesse parole del portavoce Pd, un «insinuare», un pronunciare «mezze frasi»?. Ecco dove zoppica il ragionamento di Canale. Che è troppo intelligente per non capirlo.
Massimo Pascale, fino a prova del contrario, ha un solo... precedente: è stato carabiniere. Con onore. Se ha uno scheletro nell'armadio, quello scheletro porta indosso la divisa dell'Arma.

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