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Nuova puntata nel botta e risposta tra Antonio Di Pietro e la redazione di Report. Oggi è la volta della replica di Sabrina Giannini, la giornalista che ha realizzato il servizio «
Gli insaziabili» e l’intervista che ha messo in difficoltà il leader dell’Italia dei Valori. Con un articolo dal titolo «
Case e polemiche, le carte non mostrate», la Giannini risponde oggi su
Corriere.it. «
Di Pietro dice di replicare con la «carta che canta» dal suo sito. Appunto, carta canta», scrive la giornalista. L’ex pm si lamentava del fatto che ai suoi figli siano stati attribuiti quindici appartamenti. Nell’inchiesta, sottolinea la Giannini, si parla invece di
tre appartamenti ai figli più piccoli: uno cointestato a Bergamo e uno a testa a Milano. «
Replicare con un falso alle “perle di disinformazione” e “scientifica opera di killeraggio politico” è un po’ come cadere nella casella probabilità del Monopoli», ironizza Sabrina Giannini. Che allega le
visure delle proprietà di Antonio Di Pietro(mentre sul sito del partito, scrive, se ne trovano solo alcune». Di Pietro precisa che i suoi appartamenti sono 11 e non 56, ma nella puntata di Report si parla anche dei terreni. «
Per evitare fraintendimenti, e a conferma di una impostazione garantista, la sottoscritta ha tolto dal dato complessivo le proprietà della moglie e del figlio più grande, Cristiano, e precisato che le proprietà dell’ex magistrato “sono 45, un dato che comprende anche i terreni, le cantine, i garage”. Giocare sui numeri delle proprietà distoglie l’attenzione dal loro valore, quantificato dal perito all’incirca in cinque milioni di euro, ma con una stima prudenziale», scrive la Giannini. E poi c’è la questione dell’
appartamento di 180 metri quadri di via Merulana a Roma acquistato nel 2002, ristrutturato con i fondi del partito. Di Pietro dice a Report che lì c’era la sede del partito. Ma lo stesso ex pm aveva indicato al magistrato proprio quello stabile come suo domicilio dal 2000. Quale la verità? «
Potrebbe chiarirlo Di Pietro, allontanando così il sospetto di un’analogia con Bossi: per una faccenda analoga il leader della Lega Nord è sparito dalla scena politica», ribadisce la giornalista. Insomma, per dimostrare ai «
suoi elettori, sensibili alla morale», di fronte ai quali Di Pietro «
si è sempre posto come moralizzatore» l’ex simbolo di mani pulite «
certamente non mancherà di mostrare l’unica carta che può davvero cantare dissipando ogni dubbio sull’uso a fini personali dei soldi pubblici erogati al partito: tutta la movimentazione bancaria del partito-associazione dal 2001 ad oggi». Anche perché «
i bilanci e le rendicontazioni che mostra oggi, quelle che lui chiama “pezze d’appoggio”, valgono poco o niente, e Di Pietro lo sa da quando raccolse ladeposizione di Bettino Craxi nel corso del processo Cusani: «I bilanci erano sistematicamente dei bilanci falsi, tutti lo sapevano ivi compreso coloro i quali avrebbero dovuto esercitare funzioni di controllo nominati dal presidente della camera, ma agli atti parlamentari non risulta».
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