Francia-Italia, a chi conviene
il nucleare di terza generazione
il nucleare di terza generazione
PARIGI – Giappone e Italia. Il primo, una delle potenze nucleari civili a livello mondiale. L’Italia, invece, senza atomo. Una differenza importante alla luce di quanto avvenuto a Fukushima. Ma nelle previsioni di Silvio Berlusconi le cose dovrebbero cambiare. Sì, il ritorno al nucleare con la collaborazione tecnologica della Francia: non se ne parla quasi più, ma l’argomento resta d’attualità.
Di sicuro a Parigi non se lo sono dimenticato. Soprattutto negli uffici di Edf (Electricité de France), il colosso energetico pubblico, leader mondiale nella gestione di reattori e ormai sempre più forte anche nella concezione e costruzione delle centrali (assieme ad Areva, altro gruppo controllato dallo Stato francese). Nel febbraio 2009 Italia e Francia, ovvero Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy, conclusero un accordo intergovernativo corredato da due memorandum of understanding sottoscritti da Edf e Enel, tutti con l’obiettivo di accrescere la cooperazione nel settore. Nel concreto si prevede la costruzione di quattro reattori sul suolo italico del tipo Epr, quelli di terza generazione (l’ultima), tanto potenti quanto costosi. Edf ne sta già costruendo uno (con ritardi e difficoltà) a Flamanville, in Normandia. E Areva un altro in Finlandia, che dovrebbe diventare il primo esemplare di Epr funzionante nel mondo. Ma il cantiere va avanti con difficoltà ancora maggiori rispetto a Flamanville, a colpi di ritocchi verso l’alto del budget.
Ritorniamo all’Italia. Nonostante queste premesse (e nonostante svariati dubbi sulla sicurezza di queste «Ferrari» dell’atomo civile) Silvio e Nicolas hanno deciso che la sismica Italia non poteva fare a meno del nucleare. I francesi spingono tanto più dopo aver perso nel dicembre 2009 una preziosa commessa per la costruzione di quattro reattori negli Emirati arabi uniti a vantaggio di un consorzio sudcoreano che proponeva tecnologie forse meno sofisticate ma a un terzo in meno del prezzo proposto da Edf e dai colleghi francesi.
Il primo reattore italiano dovrebbe diventare operativo nel 2020, dotato di una capacità di 1600 megawatt, la stessa prevista per ognuno degli altri tre, che saranno costruiti a ruota. Questo, ovviamente, sulla carta, perché nel frattempo a Roma, coma al solito, si è perso tempo, soprattutto a causa della lunga parentesi del dicastero dello Sviluppo economico senza ministro, in seguito alle dimissioni di Claudio Scajola, che aveva fino a quel momento gestito il dossier. Poco prima che se ne andasse, un altro accordo collegato ai precedenti era stato concluso, fra Areva e Ansaldo (Finmeccanica), ancora di collaborazione nelle tecnologie nucleari. Senza contare le resistenze delle regioni, anche quelle governate dalla maggioranza di governo, che sul loro territorio non accetterebbero mai la costruzione di un impianto.
A Parigi, in ogni caso, il business è in testa alle priorità. Sempre più in difficoltà a vendere il suo Epr in giro per il mondo, Edf spera ancora che il dossier vada avanti e che si arrivi alla prevista joint venture paritetica con Enel per la progettazione e la costruzione dei quattro reattori. Ci punta in particolare Henri Proglio, che nel frattempo, alla fine del 2009, è diventato amministratore delegato del gruppo. Da una parte è un fedelissimo di Sarkozy, dall’altra è di origini italiane, con notevoli entrature nel potere romano. E’ lo stesso che vorrebbe prendere il pieno controllo di Edison, secondo gruppo italiano nel settore dell’elettricità, proprio dietro a Enel. Dalla metà degli anni Duemila Edf già detiene il 49,99% del capitale della società, per il resto nelle mani di A2A. Ora i francesi vorrebbero compiere il cosiddetto salto di qualità. Ma negli ultimi giorni Tremonti avrebbe messo il proprio veto a un accordo in questo senso, uno smacco niente male per Proglio.
Intanto, negli ultimi tempi, Edf ha avuto diversi problemi anche negli Usa e in Germania. E ha visto il suo utile netto crollare del 74% l’anno scorso. Ha perfino dovuto ammettere qualche problema di sicurezza in diversi dei 58 reattori gestiti in Francia. Rien ne va plus. La speranza è che almeno l’Italia dia le soddisfazioni sperate. Il terremoto nipponico, però, potrebbe avere qualche riflesso sul dibattito italiano sul nucleare, nonostante la certezza esibita -
Di sicuro a Parigi non se lo sono dimenticato. Soprattutto negli uffici di Edf (Electricité de France), il colosso energetico pubblico, leader mondiale nella gestione di reattori e ormai sempre più forte anche nella concezione e costruzione delle centrali (assieme ad Areva, altro gruppo controllato dallo Stato francese). Nel febbraio 2009 Italia e Francia, ovvero Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy, conclusero un accordo intergovernativo corredato da due memorandum of understanding sottoscritti da Edf e Enel, tutti con l’obiettivo di accrescere la cooperazione nel settore. Nel concreto si prevede la costruzione di quattro reattori sul suolo italico del tipo Epr, quelli di terza generazione (l’ultima), tanto potenti quanto costosi. Edf ne sta già costruendo uno (con ritardi e difficoltà) a Flamanville, in Normandia. E Areva un altro in Finlandia, che dovrebbe diventare il primo esemplare di Epr funzionante nel mondo. Ma il cantiere va avanti con difficoltà ancora maggiori rispetto a Flamanville, a colpi di ritocchi verso l’alto del budget.
Ritorniamo all’Italia. Nonostante queste premesse (e nonostante svariati dubbi sulla sicurezza di queste «Ferrari» dell’atomo civile) Silvio e Nicolas hanno deciso che la sismica Italia non poteva fare a meno del nucleare. I francesi spingono tanto più dopo aver perso nel dicembre 2009 una preziosa commessa per la costruzione di quattro reattori negli Emirati arabi uniti a vantaggio di un consorzio sudcoreano che proponeva tecnologie forse meno sofisticate ma a un terzo in meno del prezzo proposto da Edf e dai colleghi francesi.
Il primo reattore italiano dovrebbe diventare operativo nel 2020, dotato di una capacità di 1600 megawatt, la stessa prevista per ognuno degli altri tre, che saranno costruiti a ruota. Questo, ovviamente, sulla carta, perché nel frattempo a Roma, coma al solito, si è perso tempo, soprattutto a causa della lunga parentesi del dicastero dello Sviluppo economico senza ministro, in seguito alle dimissioni di Claudio Scajola, che aveva fino a quel momento gestito il dossier. Poco prima che se ne andasse, un altro accordo collegato ai precedenti era stato concluso, fra Areva e Ansaldo (Finmeccanica), ancora di collaborazione nelle tecnologie nucleari. Senza contare le resistenze delle regioni, anche quelle governate dalla maggioranza di governo, che sul loro territorio non accetterebbero mai la costruzione di un impianto.
A Parigi, in ogni caso, il business è in testa alle priorità. Sempre più in difficoltà a vendere il suo Epr in giro per il mondo, Edf spera ancora che il dossier vada avanti e che si arrivi alla prevista joint venture paritetica con Enel per la progettazione e la costruzione dei quattro reattori. Ci punta in particolare Henri Proglio, che nel frattempo, alla fine del 2009, è diventato amministratore delegato del gruppo. Da una parte è un fedelissimo di Sarkozy, dall’altra è di origini italiane, con notevoli entrature nel potere romano. E’ lo stesso che vorrebbe prendere il pieno controllo di Edison, secondo gruppo italiano nel settore dell’elettricità, proprio dietro a Enel. Dalla metà degli anni Duemila Edf già detiene il 49,99% del capitale della società, per il resto nelle mani di A2A. Ora i francesi vorrebbero compiere il cosiddetto salto di qualità. Ma negli ultimi giorni Tremonti avrebbe messo il proprio veto a un accordo in questo senso, uno smacco niente male per Proglio.
Intanto, negli ultimi tempi, Edf ha avuto diversi problemi anche negli Usa e in Germania. E ha visto il suo utile netto crollare del 74% l’anno scorso. Ha perfino dovuto ammettere qualche problema di sicurezza in diversi dei 58 reattori gestiti in Francia. Rien ne va plus. La speranza è che almeno l’Italia dia le soddisfazioni sperate. Il terremoto nipponico, però, potrebbe avere qualche riflesso sul dibattito italiano sul nucleare, nonostante la certezza esibita -
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Nucleare di IV generazione
Gli investimenti a favore della ricerca sul nucleare sono sempre stati cospicui e quindi attualmente esistono diverse linee di sperimentazione delle tecnologie nucleari.
LWR
Gli attuali sistemi ad acqua leggera (LWR, di II generazione) si sono dimostrati affidabili ed economicamente competitivi almeno nelle applicazioni PWR e BWR, ( anche se bisogna ancora valutare bene i costi per lo smaltimento dei rifiuti e la dismissione delle centrali a fine vita)
L'evoluzione di questa tecnologia è affidata principalmente a due progetti: al progetto francese EPwR (nucleare di III generazione) con la prossima installazione di un impianto pilota in Finlandia, e al progetto internazionale IRIS, gli obiettivi sono: maggiore sicurezza, maggiore efficienza di utilizzo del materiale fissile e processi industriali di installazione per realizzare impianti in tempi brevi.
LM-FBR
I reattori autofertilizzanti a neutroni veloci FBR, ( nucleare di IV generazione anche se sviluppati fin dai primi anni '50), hanno mostrato invece limiti sotto l'aspetto economico di gestione e dubbi sulla sicurezza del sistema di raffreddamento con sodio fuso, attualmente gli impianti pilota ancora in funzione sono pochi.
HTR
Reattori di IV generazione, raffreddati da elio a temperatura elevata, non hanno necessità di acqua per il sistema di raffreddamento e per questo sono anche detti "reattori asciutti". La taglia è inferiore a quella dei reattori convenzionali (10-300 megawatt). Il prototipo MGHTR è allo studio della cooperazione fra la General Atomics (U.S.A.), Framatome (Francia e Germania), Fuji Electric (Giappone)e vari istituti russi. Un altro progetto è seguito in Sudafrica e da BNFL nel Regno Unito, anche la Cina ha costruito un prototipo sperimentale da 10 MW, il HTR-10
Il punto di forza di questa tecnologia è nella sua qualità di essere a sicurezza intrinseca, in pratica una legge fisica (dilatazione Doppler) impedisce la fusione del nocciolo: più gli atomi si surriscaldano, più si distanziano tra loro, diventa quindi più difficile per il neutrone colpirne il nucleo, nel nucleo ad alta densità di un reattore convenzionale (LWR) gli effetti del fenomeno sono assolutamente marginali, gli ingegneri del HTR-10 hanno già fatto qualcosa di inconcepibile per un reattore normale: hanno disattivato l'impianto di raffreddamento ad elio e aspettato che il reattore si stabilizzasse da solo.
Articolo sui reattori HTR www.movisol.org
Reattori ibridi
In questi reattori subcritici un acceleratore di particelle fornisce un fascio di protoni che va a colpire un metallo pesante (ad esempio il piombo). Da questo scontro fuoriesce un fascio di neutroni che, a sua volta, va colpire il materiale fissile, che potrebbe essere uranio o torio. Questi reattori vengono definiti a "sicurezza intrinseca" poiché basterebbe "spegnere" l'acceleratore di particelle per fermare tutto in caso di guasto. Inoltre questi reattori potrebbero anche incenerire le scorie radioattive. Moltissimo lo sviluppo necessario prima che si possa dire se i reattori ibridi saranno pratici ed economici. Orizzonte di tempo: forse 30 anni anche se per il progetto "Amplificatore di Energia" proposto dal premio Nobel Carlo Rubbia si stimano tempi possibili in 10 anni.
Attuali reattori nucleari
Più di ogni altra tecnologia energetica l'energia nucleare è oggetto di atteggiamenti fortemente emotivi. O è vista come il demonio incarnato oppure come l'unica possibile salvezza dalla "fine del petrolio". Non è nessuna delle due cose: è un sistema di produzione di energia con i suoi vantaggi e svantaggi.
L'energia nucleare oggi rappresenta il 7% circa del fabbisogno energetico globale con il 17% di energia elettrica prodotta.
Nel grafico è rappresentata la produzione di energia elettrica per singola fonte primaria.
Ad oggi sono attive circa 440 centrali, la Francia produce quasi l'80% dell'energia elettrica dal nucleare, la Svizzera quasi il 40%, molti paesi occidentali si aggirano sul 18-20%.
La grande maggioranza delle centrali nucleari è del tipo PWR (Pressurized Water Reactor, reattore ad acqua in pressione). Questo tipo è molto diffuso perché è quello tecnologicamente più semplice, attualmente non si pongono particolari problemi di reperibilità né dei materiali né del combustibile, ed offre collaudate garanzie di sicurezza.
Ciclo di funzionamento
Nelle centrali nucleari si ottiene calore mediante la fissione controllata di atomi di uranio. Per il resto, la produzione energetica di una centrale nucleare è identica a quella di una centrale termica fossile.
Nel nocciolo avvengono le reazioni nucleari, che riscaldano a temperature anche notevoli gli elementi di combustibile, (l'uranio) che è impilato in cilindri molto lunghi e stretti.
Questo sono lambiti dall'acqua di raffreddamento del circuito primario, che raffreddandoli asporta il calore e si riscalda. L'acqua si trova a circa 300-330°, non evapora perché viene tenuta a una pressione di circa 155 bar (155 volte la pressione atmosferica).
Proseguendo nel suo cammino l'acqua scambia calore con altra acqua in un secondo circuito, a una pressione inferiore.
Questa evapora, e il vapore arriva, ad una pressione di circa 55 bar e ad una temperatura di circa 280°, e investe una turbina, collegata a un alternatore che dà energia alla rete elettrica.
Il vapore a bassa pressione in uscita dalla turbina viene raffreddato da acqua che scorre in un terzo circuito che viene poi alla fine raffreddato ad aria in torri di raffreddamento.
Se la centrale si trova nelle vicinanze di un fiume l'acqua del circuito di condensazione (il terzo), che non ha avuto contatto con zone contaminate viene scaricata nel fiume, ovviamente questo deve avvenire con portate e temperature tali da non influire sull'ecosistema.
Nel grafico è rappresentata la produzione di energia elettrica per singola fonte primaria.
Ad oggi sono attive circa 440 centrali, la Francia produce quasi l'80% dell'energia elettrica dal nucleare, la Svizzera quasi il 40%, molti paesi occidentali si aggirano sul 18-20%.
La grande maggioranza delle centrali nucleari è del tipo PWR (Pressurized Water Reactor, reattore ad acqua in pressione). Questo tipo è molto diffuso perché è quello tecnologicamente più semplice, attualmente non si pongono particolari problemi di reperibilità né dei materiali né del combustibile, ed offre collaudate garanzie di sicurezza.
Ciclo di funzionamento
Nelle centrali nucleari si ottiene calore mediante la fissione controllata di atomi di uranio. Per il resto, la produzione energetica di una centrale nucleare è identica a quella di una centrale termica fossile.
Nel nocciolo avvengono le reazioni nucleari, che riscaldano a temperature anche notevoli gli elementi di combustibile, (l'uranio) che è impilato in cilindri molto lunghi e stretti.
Questo sono lambiti dall'acqua di raffreddamento del circuito primario, che raffreddandoli asporta il calore e si riscalda. L'acqua si trova a circa 300-330°, non evapora perché viene tenuta a una pressione di circa 155 bar (155 volte la pressione atmosferica).
Proseguendo nel suo cammino l'acqua scambia calore con altra acqua in un secondo circuito, a una pressione inferiore.
Questa evapora, e il vapore arriva, ad una pressione di circa 55 bar e ad una temperatura di circa 280°, e investe una turbina, collegata a un alternatore che dà energia alla rete elettrica.
Il vapore a bassa pressione in uscita dalla turbina viene raffreddato da acqua che scorre in un terzo circuito che viene poi alla fine raffreddato ad aria in torri di raffreddamento.
Se la centrale si trova nelle vicinanze di un fiume l'acqua del circuito di condensazione (il terzo), che non ha avuto contatto con zone contaminate viene scaricata nel fiume, ovviamente questo deve avvenire con portate e temperature tali da non influire sull'ecosistema.
Principali vantaggi
- Nei reattori nucleari non ci sono reazioni chimiche di combustione e quindi non ci sono emissioni in atmosfera, alcuni sostenitori del nucleare propongono questa tecnologia per rispettare il protocollo di Kyoto
- Il costo di generazione del kWh nucleare è minore di quello ricavabile dalla combustione delle altre fonti esauribili
- Un reattore nucleare può funzionare ininterrottamente per 7000-8000 ore all'anno, è quindi un sistema di base per la gestione della rete elettrica di trasmissione
Principali svantaggi
- L'uranio non è una fonte rinnovabile, negli ultimi anni il costo della materia prima ha subito un aumento di costo dell'800%
- Il decommissioning degli impianti a fine vita ha un costo uguale al costo di generazione del kWh prodotto in centrale
- La gestione delle scorie radiottive è un problema non ancora risolto
Alcuni ambientalisti ritengono che il nucleare sia l'opzione migliore nell'immediato, nel lungo periodo rimane il problema dell' esauribilità dei materiali fissili. www.italy.peacelink.org/ecologia/articles/art_5225.html
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