E' da tempo che si sente parlare dell'articolo 18, nei telegiornali nelle trasmissioni di informazione politica ecc. ecc.! Forse pensiamo di essere ferrati sull'argomento, ma dobbiamo porgerci una domanda: Ma noi conosciamo effettivamente la riforma del lavoro? Sappiamo perche' si sono mobilitati i sindacati, e come mai si e' fatto ricorso addirittura ad uno sciopero generale?
Probabilmente risponderemo: "perche' nell'articolo 18 e' contenuto un diritto fondamentale dei lavoratori, quello di non poter esser licenziato senza giusta causa". Questa risposta la possiamo dare perche' abbiamo sentito l'intervista a Cofferati o magari perche' seguiamo "Il Fatto di Enzo Biagi", ma se dovessimo domandare "cosa vuol dire giusta causa?" ci sentiremmo dire le migliori baggianate della storia d'Italia!
In effetti la modifica all'articolo 18, che in realta' non toglie nessun diritto ai lavoratori [come vedremo in seguito], e' stata strumentalizzata dalla sinistra, e trasformata in un'arma per poter aggredire l'operato del governo, coinvolgendo anche alcuni sindacati (CGIL su tutti) che hanno tristemente dimostrato di essere piu' attenti agli interessi dei politici e dei partiti, che a quelli dei lavoratori o (ancora piu' importante) dei disoccupati.
Ma andiamo con ordine. Analiziamo qual'e' la situazione attuale.
L'articolo 18 fa parte della Legge 300 del 20/05/1970 piu' comunemente conosciuta come Statuto dei Lavoratori, una legge creata per regolamentare il mercato del lavoro per le imprese che hanno piu' di 15 dipendenti (5 per le imprese agricole).
Soffermiamoci su questo primo punto. I lavoratori ingaggiati in imprese con piu' di 15 dipendenti sono circa la meta' degli attuali occupati. Quindi se i dati diffusi dai sindacati sull'adesione allo sciopero generale sono veri (80%), e per fortuna non lo sono, vuol dire che c'è stato un buon 30% di lavoratori che hanno perso una giornata di lavoro (in termini monetari) per difendere un diritto che non hanno! Oltre a questa scandalosa presa in giro, l'opposizione (come al solito) si e' dimenticata di 2 problemi che affliggono l'Italia di oggi: la disoccupazione e il sommerso. Se l'imprenditore che ha piu' di 15 dipendenti deve "sottostare" allo Statuto, e' inutile dire che cercherà di mantenersi sempre sotto questa soglia, non assumendo nuovo personale, con danni sia per i lavoratori che per la situazione economica generale. L'imprenditore potrebbe tuttavia avere stretto bisogno di personale; come risolvere questo problema senza superare la soglia dei 15 dipendenti, e senza appesantire troppo il carico fiscale? Semplice! Si assumono in nero giovani o immigrati! Ecco qua la vera opera della sinistra: LAVORO NERO E DISOCCUPAZIONE IN ABBONDANZA!
Ma andiamo avanti.
Nell'articolo preso in considerazione si sancisce che il lavoratore licenziato "senza giusta causa" deve essere reintegrato sul posto di lavoro. Ecco che ora sorge la domanda amletica: cosa vuol dire giusta causa? Vuol dire che c'e' stata una gravissima inadempienza che non permette il proseguo del rapporto di lavoro. Un esempio di questa inadempienza puo' essere un incendio che distrugge il locale, il furto dalla cassa sociale, l'aggressione verso altri lavoratori o il datore di lavoro. La conseguenza e' il cosidetto "licenziamento in tronco", il lavoratore deve abbandonare immediatamente il posto di lavoro.
Solo cosi' si puo' licenziare? Naturalmente no! Esiste un altro caso, il cosidetto "giustificato motivo". Lo abbiamo quando il lavoratore crea un danno riguardante l'attivita' produttiva, per esempio danneggia un macchinario, o non rispetta il cosidetto "obbligo di fedelta'" ovvero non mantiene in segreto ricette, tecniche o fasi del processo produttivo. In questo caso il lavoratore viene licenziato ma continuera' la sua attivita' lavorativa remunerata per un certo periodo di transizione durante il quale si potra' pure assentare per poter partecipare a concorsi o a colloqui.
Cosa succede se un lavoratore viene licenziato senza aver compiuto una gravissima inadempienza o senza aver dannegiato la produzione? Deve essere forzatamente reintegrato dopo la sentenza del giudice, e devono essere rimborsate le mensilita' che gli sarebbero spettate dal giorno del licenziamento al giorno della sentenza.
Con la modifica (e non con l'abrogazione come qualcuno ha cercato di farci credere) cosa succede? Al posto della reintegrazione forzata, viene inserito un indennizzo, dalle 15 alle 24 mensilita'! E' da dire anche che fino ad oggi la percentuale dei lavoratori che hanno chiesto il reintegro dopo aver vinto la causa e' bassissima (immaginate cosa voglia dire tornare in un posto dove si e' gia' stati licenziati una volta), quindi quella dell'indennizzo e' un'alternativa particolarmente appetitosa per i licenziati! Tutto qui? No! L'articolo 18 verra' modificato nel caso in cui:
- Il dipendente sia passato da un contratto a tempo determinato (dove c'e' una data che stabilisce il termine del rapporto di lavoro [una sorta di licenziamento]) a tempo indeterminato (ovvero senza un termine). Questo solo nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
- I dipendenti che emergono dal sommerso (ovvero il lavoro nero)
- Per due anni ai neoassunti che fanno superare la soglia dei 15 dipendenti.
Detto questo penso che sia inutile mettersi a discutere sugli effetti (tutti positivi) che l'articolo 18 avra' sull'occupazione e sulla situazione del sommerso, senza toccare minimamente i diritti dei lavoratori (anzi concedendo anche un indennizzo).
A rafforzare questa riforma va detto che gli unici paesi dove la riassunzione e' obbligatoria sono Austria Danimarca e Grecia, oltre al fatto che alcuni paesi che vedevano lo spettro della disoccupazione (vedi Gran Bretagna o Spagna) sono intervenuti per modificare il proprio diritto del lavoro con risultati a dir poco incredibili. Inutile dire che poi non bisogna lamentarsi se la 6° potenza industriale non riesce a mantenere il passo del resto dell'Europa ai cui vertici (grazie a Dio da un annetto si e' invertita la tendenza) veniamo considerati Paesi di serie B. ==================== COSA CAMBIA :
Lavoro, i sindacati restano divisi
Monti: sull'art 18 questione chiusa Il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, con il premier Mario Monti Cgil: vogliono licenziamenti facili
Bonanni: "Bene linee guida". Angeletti: "Servono modifiche"roma - Doveva essere il giorno decisivo per la riforma del mercato del lavoro ma alla fine di una convulsa giornata di incontri è stato tutto rimandato a giovedì. Sull’articolo 18 il governo ha illustrato le sue proposte: c’è condivisione da parte dei sindacati ad eccezione della Cgil, ha annunciato il presidente del Consiglio Mario Monti. «La Cgil ha espresso il proprio dissenso sull’articolo 18, tutti gli altri il proprio consenso. Su questo aspetto per quanto riguarda il governo la questione è chiusa», ha precisato il premier. Dopodomani si terrà alle 16 l’incontro «finale», ha detto Monti alle parti sociali, dopo una riunione durata oltre quattro ore. In quella occasione si presenteranno i testi conclusivi delle varie posizioni e si farà un «verbale». Ma Monti ha chiarito che non ci sarà neanche giovedì la firma di un accordo: «Ho chiarito alle parti sociali che l’interlocutore essenziale del Governo è il Parlamento. Il dialogo con le parti sociali è importantissimo - ha aggiunto - ma non riflettiamo una cultura consociativa che in un passato mediamente lontano ha tante volte ritenuto che la cosa più importante fosse che il governo favorisse l’accordo con le parti sociali». La riforma, ha sostenuto ancora, «valorizza al massimo e nel modo più pieno e come la Costituzione richiede, il ruolo del Parlamento». «Abbiamo pensato che per dare all’Italia più capacità di rispondere alle sfide dell’economia fosse importante ammodernare quel pezzo cruciale dell’economia che è il mercato del lavoro e il modo di prendere le decisioni che dà massimo rilievo alle parti sociali ma non dà a nessuno il potere di veto».
«Si tratta di una riforma molto comprensiva che tocca diversi aspetti. L’obiettivo finale è più occupazione e meno disoccupazione strutturale», ha detto il ministro del Lavoro Elsa Fornero. «Dobbiamo aumentare l’occupazione di giovani e donne e migliorare la qualità dell’occupazione che significa riduzione del precariato», ha aggiunto. «Non vogliamo smantellare tutele ma rendere meno blindato il contratto subordinato a tempo indeterminato», ha proseguito. Il contratto a tempo determinato è «il contratto dominante ma gli altri non li buttiamo via». Per Fornero «la soluzione sull’articolo 18 riflette un equilibrio che consente a qualcuno di dire ’è troppo' e ad altri di dire ’è troppo poco'. Sarebbe stato bello avere una condivisione piena da parte di tutti su questa proposta di riforma». La proposta del governo per la riscrittura dell’articolo 18 prevede per i licenziamenti discriminatori la tutela anche alle imprese sotto i 15 dipendenti. Sul fronte dei licenziamenti disciplinari, invece, la parola spetterà al giudice che deciderà il reintegro oppure un indennizzo economico per un massimo di 27 mensilità tenendo conto dell’anzianità. Per i licenziamenti economici è previsto solo l’indennizzo da un minimo di 15 a un massimo di 27 mensilità. Per fronteggiare il precariato sarà inoltre contrastata la reiterazione dei contratti a tempo determinato per più di 36 mesi e saranno posti «vincoli stringenti ed efficaci» sui contratti intermittenti e quelli a progetto. La riforma degli ammortizzatori sociali entrerà a regime dal 2017.
Dura la reazione della Cgil: «Faremo di tutto per contrastare la riforma del mercato del lavoro. La Cgil farà le mobilitazioni necessarie e non sarà una cosa di breve periodo», ha detto il segretario generale, Susanna Camusso. Quella sull’articolo 18 «è una proposta squilibrata sulla quale il governo ha chiesto un pronunciamento unico» e che di fatto fa venir meno «l’effetto dell’articolo 18». Complessivamente positivo il giudizio della Confindustria: «Abbiamo accolto la richiesta che ha fatto a tutto il mondo delle parti sociali il Presidente Napolitano dimostrando grande senso responsabilità e abbiamo dato un’adesione complessiva all’architettura complessiva della riforma, ma rimangono alcuni punti su cui lavorare», ha detto il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. «In particolare - ha spiegato - ci sono delle norme sulla flessibilità in entrata che non condividiamo perchè vediamo un irrigidimento eccessivo e vediamo un aumento dei costi per le imprese.
Anche il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, esprime «un giudizio positivo sulle linee guida della riforma» ma chiede di «lavorare ancora intensamente fino alla fine della settimana per migliorarla». In particolare sull’articolo 18 Bonanni apprezza «la direzione del governo per una mediazione fondata sul sistema dei nuovi ammortizzatori». Valutazione positiva anche da Rete Imprese Italia che però giudica «eccessive» le 27 mensilità di indennizzo per i licenziamenti economici e chiede inoltre di non estendere l’articolo 18 anche alle piccole e medie imprese. Il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, «per dare un giudizio positivo sulla riforma del mercato del lavoro» ha specificato che «servono modifiche». La direzione della Uil di domani, ha aggiunto, «è chiamata a dare un giudizio sull’insieme della riforma». Il giudizio dell’Ugl è «sofferto ma responsabile nei confronti di un impianto nel suo complesso condivisibile», ha detto infine il segretario generale del sindacato, Giovanni Centrella. «Così come presentata e impostata - ha aggiunto - ora la riforma ha una visione più ampia e non più incentrata solo sull’articolo 18». |
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