venerdì 16 marzo 2012

UNO SGUARDO AL PASSATO..........







Nell'ampia piana di Gioia Tauro, sulla riva destra del fiume Metauro insistono i resti archeologici dell'antica colonia di Metauros, fondata quasi certamente dai calcidesi di Zancle, odierna Messina. Sul finire del VII secolo a.C. si rese infatti necessario stabilire il di confine tra i territori che Locri Epizefiri aveva conquistato sul Tirreno, e quelli della colonia di Rhegion, anch'essa fondata dai calcidesi nello stesso periodo di Zancle. Invero le notizie storiche sulla fondazione di Metauros sono abbastanza scarse, ma dai recenti scavi archeologici, riferiti alla necropoli, sembrerebbero confermare l'origine zanclea della colonia.
Nel 1956 iniziarono i primi scavi archeologici in contrada Petra, dove si rinvenne una cospicua necropoli greca con sepolture risalenti tra il VI ed il V secolo a.C. In totale 1.500 sepolture ad incinerazione depositate in anfore o brocche fittili, corredate da ceramica corinzia ed egea di buona manifattura. La necropoli di Metauros risulta essere molto simile per strutture alla necropoli di Mylai, odierna Milazzo, anch'essa fondata dai calcidesi di Zancle. Questi ritrovamenti, oltre che fornire informazioni sui cospicui traffici commerciali di Metauros con le isole egee della Grecia, confermano l'origine calcidese di questa colonia. Altri scavi hanno evidenziato parecchio materiale di provenienza locrese, attestando la conquista da parte di Locri Epizefiri della città intorno al VI secolo a.C. In questo periodo la colonia cambiò nome in Matauros. Nel periodo della tirannide di Anassilao, la città di Rhegion sentì la necessità di ampliare i propri possedimenti territoriali oltre il suo confine naturale. Allo scopo dunque di avere accesso alla fertile piana di Gioia Tauro, Anassilao sferra un potente attacco alla città di Matauros, controllata da Locri Epizefiri. Il ritrovamento infatti di una dedica ad Eracle Reggino, della prima metà del V secolo a.C. trovata nei pressi del fiume Petrace, attesterebbe il controllo della città da parte di Rhegion.
La colonia calcidese di Metauros, chiamata più tardi Matauros dai locresi, è nota per essere stata la patria del poeta Stesicoro. L'attuale documentazione letteraria ed archeologica non consente la ricostruzione storica della città di Matauros oltre il V secolo a.C. Ciò potrebbe significare che l'antica Metauros sia passata in modo definitivo sotto il controllo di Rhegion, oppure ritornata in orbita di Locri Epizefiri, più come avamposto, che città vera e propria.

Il grande porto e le tristi vicende di cronaca hanno regalato a Gioia Tauro, città inProvincia di Reggio Calabria un’immagine totalmente proiettata nel presente. Eppure essa ha un importante patrimonio storico culturale che però non è mai stato tutelato e valorizzato abbastanza.
E tante sono le tracce del passato che hanno bisogno di essere raccontate per poter essere tramandate.
Un esempio?
In pochi sanno che la città viene citata anche nella mitologia greca.
La leggenda narra che Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, impazzito dopo aver ucciso la madre e il suo amante, avrebbe ritrovato la pace bagnandosi nel Metauro, l’attuale fiume Petrace che lambisce la città. Oreste tolse la vita alla sua genitrice per vendicare l’omicidio del padre, capo dell’esercito degli Achei. Dopo il matricidio però perse i numi della ragione e fu perseguitato dalle Erinni, le furie personificazione del rimorso.  Per ritrovare la quiete Apollo gli ordinò di sottrarre il simulacro di Diana Fascelide e di bagnarsi in sette fiumi. Dopo essersi impossessato del simulacro, Oreste vagò a lungo in mare finché, guidato da venti propizi, approdò nei pressi dell’attuale Piana di Gioia Tauro. Ne percorse i territori, trovò i sette fiumi contigui e, dopo essersi bagnato nel settimo, il Metauro appunto, ritrovò la serenità. Le Erinni che lo avevano posseduto si trasformano così in Eumenidi, le tutrici dell’ordine della natura.
L’episodio è di grande interesse ma poco conosciuto e per ovviare a ciò, circa quindici anni fa, un’associazione culturale decise di istituire un premio “Oreste al Metauro” per dare il giusto risalto alla vicenda e per permettere di valorizzare il territorio con questo importante richiamo turistico-letterario.
Il premio, per una serie di circostanze negative, non vide la luce e insieme a questo anche il bagno di Oreste finì nel dimenticatoio.
La foce del fiume Petrace
La foce del fiume Petrace
Alcuni studiosi che si sono interessati della storia cittadina hanno parlato del mitico Oreste, ma nulla è stato fatto per dar risalto a questa leggenda e ai luoghi coinvolti e ancora oggi la foce del Petrace è totalmente abbandonata.
Eppure i primi storici che parlano del fiume, indicandolo anche come leggendario, sono Varrone nel “Rerum Humanarum“, Probo Grammatico e Catone nel “De Originibus“.
Anche molti studiosi di epoca moderna concordano sul fatto che fu il Petrace il fiume designato dall’oracolo per far ritrovare la salute a Oreste e Rocco Liberti, in un libro sulla città pubblicato nel 1982, scrive che Antonino De Salvo alla fine dell’ottocento sosteneva che il territorio intorno a Gioia Tauro venisse definito “Furia” in ricordo delle erinni che per molto tempo perseguitarono il mitico Oreste.
Ma tutto ciò non basta a scuotere le coscienze per restituire dignità a un patrimonio tanto grande della natura e della storia.
I PONTI SUL FIUME PETRACE OPERA DEL MAESTRO MIMMO MOROGALLO OLIO SU TELA.jpg 

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