RIFORMA DEL LAVORO ECCO IL TESTO
ROMA – Il governo di Mario Monti ha definito il nuovo articolo 18 sui licenziamenti illegittimi. Nella riforma del lavoro sono tre i punti sui licenziamenti affrontati. Motivi economici, disciplinari o discriminatori. Il Sole 24 ore ha pubblicato il testo del nuovo articolo, che è composto da 10 paragrafi. Le reazioni sono state diverse. Sebbene l’Unione europea abbia approvato l’intero documento distribuito dal ministro del Welfare Elsa Fornero, la Cgil ha già annunciato uno sciopero, mentre il Pd con Pier Luigi Bersani sembra convinto a metà dal nuovo testo.
Ecco il testo integrale dell’articolo 18. Le note a più di pagina del testo sono inserite in grassetto. Clicca qui per il Pdf.
“Nuovo art. 18, legge 20 maggio 1970, n. 300 (Tutele del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo)
1. Il giudice, con la sentenza con la quale dichiara la nullità del licenziamento perché discriminatorio ai sensi dell’articolo 3 della lesse 11 maggio 1990, n. 108 (Sono licenziamenti discriminatori: i licenziamenti determinati da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali (art. 4, legge 15 luglio 1966, n. 604; i licenziamenti diretti a fini di discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua o di sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali (art. 15, legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificata dal d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216). Trattasi dei licenziamenti inlimati dal momento della richiesta di pubblicazioni del matrimonio sino a un anno dopo la celebrazione del medesimo. Trattasi dei licenziamenti intimati dall’inizio della gravidanza della lavoratrice fino al compimento di un anno di età del bambino, e dei licenziamenti causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore.), ovvero intimato in r \ ( < concomitanza col matrimonio ai sensi delVarticolo 35 del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (trattasi dei licenziamenti intimati dal momento della richiesta di pubblicazioni del matrimonio sino a un anno dopo la celebrazione del medesimo), ovvero intimato in violazione dei divieti di licenziamento di cui all’articolo 54, primo sesto e nono comma ( trattasi dei licenziamenti intimati dall’inizio della gravidanza della lavoratrice fino al compimento di un anno di età del bambino, e dei licenziamenti causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero determinato da un motivo illecito ai sensi dell’articolo 1345 del codice civile, ordina la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dalla motivazione adottata e quale che sia il numero dei dipendenti occupati dal datore di lavoro. La presente disposizione si applica anche ai dirigenti.
2. Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al lì risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fallo dal giorno del licenziamento sino a quello dell ‘effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è altresì condannato, per il medesimo perìodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un imporlo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata in conseguenza della percezione da parte del lavoratore del trattamento di disoccupazione comunque denominalo o dello svolgimento dì altre attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora ì relativi contributi offeriscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa del dipendente licenziato.
2. Il giudice, con la sentenza di cui al primo comma, condanna altresì il datore di lavoro al lì risarcimento del danno subito dal lavoratore per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo a tal fine un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fallo dal giorno del licenziamento sino a quello dell ‘effettiva reintegrazione, dedotto quanto percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative. In ogni caso la misura del risarcimento non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto. Il datore di lavoro è altresì condannato, per il medesimo perìodo, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un imporlo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata in conseguenza della percezione da parte del lavoratore del trattamento di disoccupazione comunque denominalo o dello svolgimento dì altre attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora ì relativi contributi offeriscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività lavorativa del dipendente licenziato.
3. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno come previsto al secondo comma, al prestatore dì lavoro è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto dì lavoro, un ‘indennità pari a dodici mensilità dell ‘ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale. La predetta indennità, al pari del risarcimento mìnimo dì cinque mensilità di cui al secondo comma, non spetta in caso dì revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine dì trenta giorni dalla comunicazione del medesimo, fatto salvo il diritto del lavoratore alla retribuzione maturata, nel periodo precedente alla revoca.
4. Qualora il lavoratore, entro trenta giorni dal ricevimento dell’invito del datore di lavoro non abbia ripreso servizio, né abbia richiesto, entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, il pagamento dell ‘indennità di cui al terzo comma, il rapporto di lavoro sì intende risolto allo spirare dei termini predetti.
5. Nell’ipotesi in cui annulla il licenziamento perché accerta l’inesistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, il giudice dichiara risolto il rapporto dì lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro, C imprenditore e non imprenditore, avente i requisiti dimensionali di cui al decimo comma, al pagamento di un ‘indennità risarcitoria onnicomprensiva compresa tra un minimo di quindici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, tenuto conto dell’anzianità del prestatore di lavoro e del comportamento e delle condizioni delle parti.
6. In alternativa alla misura di cui al comma precedente, qualora accerti l’inesistenza del giustificato motivo soggettivo e della giusta causa per non commissione del fatto contestato o per riconducibilità del medesimo alle ipotesi punibili con una sanzione conservativa ai sensi del contratto collettivo applicabile, il giudice condanna il datore di lavoro di cui al precedente comma alla reintegrazione nel posto di lavoro di cui al primo comma, e al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione, dedotto quanto il prestatore di lavoro ha percepito, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto, secondo apprezzamento del giudice, avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione, fino ad un massimo di dodici mensilità di retribuzione. Il datore di lavoro è condannato, altresì, al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro risolto dall’illegittimo licenziamento e quella accreditata in conseguenza della percezione da parte del lavoratore del trattamento di disoccupazione comunque denominato o dello svolgimento di altre attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora i relativi contributi afferiscano ad altra gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente all’attività, lavorativa, del dipendente licenziato. Nell’ipotesi, disciplinata dal presente comma, spetta, al prestatore di lavoro la facoltà di richiedere l’indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro di cui al terzo comma.
7. Il regime di cui al quinto e sesto comma si applica, al licenziamento dichiarato inefficace per difetto del requisito di forma scritta previsto doli ‘art. 2, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604. Neil ‘ipotesi in cui il licenziamento sia irrogato senza specificazione dei motivi ai sensi dell’art. 2, secondo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, o senza l’osservanza della procedura di cui all’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, il datore di lavoro può chiedere che il giudice accerti comunque la sussistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa, e che, qualora tale accertamento abbia, esito positivo, dichiari risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data, del licenziamento, con condanna al pagamento in favore del prestatore di lavoro di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva compresa tra un mìnimo di tre e un massimo dì sei mensilità della retribuzione globale di fatto, tenuto conto della, gravità della, condotta del lavoratore, della gravità della violazione degli obblighi formali e procedurali da parte del datore dì lavoro, e del comportamento e delle condizioni delle parti.
8. Il regime di cui al quinto e sesto comma si applica, inoltre, al licenziamento intimato in violazione dell’art 2110, secondo comma» del codice civile (trattasi del licenziamento intimato a un dipendente malato o infortunato, motivato dalla malattia o dall’infortunio stessi (es. licenziamento per asserito, ma risultato poi inesistente, superamento del comporto) , e al licenziamento motivato dall’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, e disposto anche ai sensi dell’articolo 4, quarto comma, e 10, terzo comma, della legge 12 marzo 1999, n. 68, del quale sia stata accertata l’illegittimità (la Direzione Territoriale del Lavoro convoca il datore di lavoro e il lavoratore nel termine perentorio di 7 giorni).
9. Nell’ipotesi in cui annulla il licenziamento perché accerta Vinesistenza del giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro, il giudice condanna il datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, avente i requisiti dimensionali di cui al decimo comma, al pagamento in favore del prestatore di lavoro di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva compresa tra un minimo di quindici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la quale è modulata dal giudice, con onere di specifica motivazione a tale riguardo> tenuto conto delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità, di servizio del prestatore di lavoro, delle iniziative assunte da guest ‘ultimo per la ricerca di una nuova occupazione, e del comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’art 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604
(questo è il nuovo, ipotizzato, Art.7 l.n. 604/1966:
L’art.7 della legge 15 luglio 1966, n.604, è sostituito dal seguente:
1. Ferma l’applicabilità, per il licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, dell’art. 7 della, legge 20 maggio 1970, n. 300, Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dì cui a!l’art. 3, legge 15 luglio 1966, n. 604, deve essere preceduto dalla richiesta di conciliazione avanzata dal datore di lavoro alla Direzione Territoriale del Lavoro del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore.
2. Nella richiesta di conciliazione di cui al comma precedente il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato.
4. Le parti possono essere assistite dalle organizzazioni sindacali o imprenditoriali cui sono iscritte o conferiscono mandato oppure da un avvocato o da un consulente del lavoro.
5. Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque, decorso il termine di cui al terzo comma, il datore di lavoro può comunicare il licenziamento al lavoratore.
10. Le disposizioni dal quinto al decimo comma si applicano al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento occupa alle sue dipendenze più di quindici prestatori di lavoro o più dì cinque se trattasi di imprenditore agricolo, nonché al datore dì lavoro, imprenditore e non imprenditore, che nell ‘ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti ed ali ‘impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di cinque dipendenti, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa alle sue dipendenze più di sessanta prestatori di lavoro.
11 Ai fini del computo del numero dei prestatori dì lavoro di cui al comma precedente sì tiene conto dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato parziale per la quota di orario effettivamente svolto, tenendo conto, a tale proposito, che il computo delle unità lavorative fa riferimento all’orario previsto dalla contrattazione collettiva del settore. Non si computano il coniuge ed i parenti del datore dì lavoro entro il secondo grado in lìnea diretta e in linea collaterale. Il computo dei limiti occupazionali di’cui al decimo comma non incide su norme o istituti che prevedono agevolazioni finanziarie o creditìzie
(il comportamento complessivo delle parti deve essere valutato dal giudice per la modulazione dell ‘indennità risarcitoria di eia all’art. 18, nono comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e per l’applicazione degli articoli 91, 92, 96 del codice di procedura civile).
Segue (inalterato): procedimento speciale per l’ipotesi di licenziamento di lavoratori sindacalisti
Per i licenziamenti collettivi c’è un rinvio all’art. 18, comma 9 (nuovo testo) da parte dell’art. 5, comma 3,1223/1991.
Restano salve altre disposizioni che escludono il computo di categorie di lavoratori, come gli apprendisti”.
Nessun commento:
Posta un commento